il campeggio dei nonni

In viaggio.
Arrivati dai nonni paterni a metà pomeriggio del 29, cominciammo a svuotare le macchine: i letti per gli anziani e le badanti erano già pronti in casa, la tenda per noi sarebbe arrivata in tarda serata, ma dovevamo trovare un posto ed una sistemazione per le poche cose che eravamo riusciti a portare con noi.
Per fortuna in campagna il posto non manca così decidemmo di lasciare la casa ai nonni e ci prendemmo per noi lo spazio nell'autorimessa affiancata alla casa.
Certo l'ambiente era un po da sistemare, ma la situazione era così al limite che andava benissimo anche così, pieno di ragni e ragnatele, polvere, formiche e mobili vecchi, l'importante era essere lontano da casa ...
Alle 10 di sera arrivò anche la tenda per noi, prestata naturalmente, e dopo aver organizzato il letto con qualche cuscino e qualche panno ci siamo sdraiati tutti e quattro insieme, sconvolti per la tremenda giornata ma tanto stanchi da riuscire a dormire qualche ora.
I giorni che seguirono furono estenuanti, io alla ricerca di scatoloni da usare per salvare le nostre cose e il mio compagno che andava avanti e indietro da casa nostra a quella dei nonni, distanti tra loro alcune decine di kilomerti, ed ogni volta che partiva avevo paura che potesse succedergli qualcosa entrando nella casa.
Se con il primo terremoto il primo piano aveva avuto qualche danno, con le scosse del 29 tutta la casa era stata segnata, ed anche se i sopraluoghi erano lunghi ad arrivare, con tutto quello che era successo, noi sapevamo già che era inagibile e la paura di rientrarci era tanta.
Così quando lui partiva io gli facevo promettere di non salire al piano di sopra ma puntualmente ritornava con un bottino portato via proprio dai mobili delle camere che stavano sù.
Ogni volta era come se ritornassa dalla guerra mostrandomi le cose che con grande incoscenza era riuscito a rubare da casa nostra: le prime volte mi raccontava di come andasse sù velocemente e prendesse le cose a "brancate", vestiti, coperte, scarpe, cassetti interi; dopo qualche viaggio prendemmo a pensare a cosa poteva essere più importante da prendere, e organizzavamo mentalmente le spedizioni per aver chiaro il più possibile il percorso per andare a colpo sicuro.
Tutto veniva stipato in macchina e quando arrivava alla nostra nuova dimora, arrivavo io, con sacchetti e scatoloni per cercare di fare ordine ed organizzare le cose in modo da non perdere niente, almeno di quel poco che riuscivamo a riprenderci ...
La mia stella mi aveva confidato che le sarebbe dispiaciuto molto perdere i suoi libri e quadernoni della scuola ... il mio chicco non voleva lasciare neanche un gioco ... così la lista della cose da prendere non finiva mai, e  mai avremmo voluto lasciare qualcosa in casa in balia del mostro ...

Erano la commozione e la tristezza che mi ricordo mi assalivano prepotentemente quando aprivo la macchina e cominciavo il mio lavoro, ma cercavo di non pensare e provavo a concentrarmi sull'organizzazione, altrimenti non riuscivo a combinare niente, impantanata com'ero dalle mie emozioni.
La brutta sensazione di sentirsi vinti, di non poter far altro che arrendersi era pesante, molto pesante da sopportare, incomprensibile, inconcepibile, non restava che cercare di raccogliere più cocci possibili sperando di riuscire un giorno a riassembrarli, sia fuori che dentro di me.